Le crisi economiche che nell’ ultimo ventennio si susseguono, causano un enorme stress sulle prospettive di vita , soprattutto in ambito di pianificazione e salute.
Ci sono sempre meno risorse che vanno centellinate per la pubblica utilita’ e a noi operatori sanitari ci viene chiesto di essere piu’ efficienti e disponibili a parità di tempo, spazi ed energie.
Bisogna quindi da un lato rincorrere, con fatica, i costanti aggiornamenti a cui la medicina moderna ci sottopone, una globalizzazione di studi ed evidenze scientifiche, che aiuta a rivedere ed affinare costantemente l’approccio clinico alle patologie, in quello che definisco tecnicismo. Con esso possiamo e dobbiamo raggiungere l’ obiettivo di migliorare la salute dei nostri pazienti nel modo piu’ veloce e appropiato possibile, per rispondere ai suddetti standard richiesti dalle nostre istituzioni.
Dall’altro lato pero’ ci sono i pazienti con il loro vissuto, la loro umanità impelagata in un’infinità di items stressogene, per cui ricorrono su internet ad informazioni sommarie di bassa qualità, con la costante necessità di condividere quelle angoscie quotidiane, che di solito poco hanno a che fare con la situazione contingente e poco incidono in una corretta anamnesi tecnica del caso.
Ecco quindi la costrastante positività di un tecnicismo efficace, ma che può sembrare freddo al paziente, che ha ancora bisogno di comunicare e condividere.
Dunque troppo spesso ci viene chiesto oltre di approcciare empaticamente situazioni che nulla hanno a che fare con l’analisti tecnica, anche di dare spiegazioni dettagliate su quesiti clinici complessi che prevederebbero conoscenze acquisite negli anni in svariate materie, come se, senza saperne nulla di matematica, chiedessi ad un ingegnere di spiegarmi i calcoli che hanno portato alla costruzione del suo ponte!
Ecco quindi quanto è difficoltoso cercare di restare tra queste due distinte entità:
tecnicismo ed empatia.
Io credo che, con i dovuti equilibri, il primo sia obbligatoriamente l’unica vera speranza di una sanità migliore, veloce ed efficace, e credo nella collaborazione col paziente al quale chiediamo di avere pazienza e soprattutto fiducia nel suo medico. Paziente che se non in grado di comprendere come vorrebbe la sua situazione , debba con umilta’ evitare disquisizioni generiche ed introspezioni psicoaffettive, che risultano poco utili, aumentano lo stress generale e riducono di fatto la perfomance dell’ atto medico.
In fondo il primo passo verso la guarigione è proprio credere ciecamente di poter tornare ad una piena salute.
Un altro aspetto che è mi sento doverosamente di sottolineare, in questo ambito di malattie croniche, è la dicotomia:
Desideri del singolo e Benessere collettivo.
Urge la necessita’ che il paziente riporti con precisione al medico le difficoltà quotidiane che la sua patologia gli offre.
Il moderno tecnicismo è infatti sempre oggettivamente legato ai sintomi che il paziente riferisce e da cui il medico deve partire, vedi le approssimazioni all’esame clinico del DAS28 o il test Rapid3, che scannerizzano in modo rapido il paziente al fine di consentire che le limitate risorse di tempo (durante la visita) o di mezzi (spesa sanitaria) siano quanto mai efficaci alla salvaguardia della salute collettiva.
Quante volte mi sento chiedere “dottore ma non posso fare un ricovero per accertare la mia situazione? Non posso fare altri test di screening esistenti per controllare tutta la mia salute?”
Ecco che il potenziale “freddo” tecnicismo deve guidare la scelta migliore, nel minor tempo possibile e con le minori risorse possibili nell’ottenimento di un risultato che tenga conto non solo del singolo, ma soprattutto del benessere collettivo.
Pertanto il secondo passo verso la guarigione è che il paziente guidi il medico avendo la giusta percezione di se’.
Dr Domenico Malesci
Specialista in Reumatologia,
Dottore di Ricerca in Immunologia Clinica
Ecografia specialistica SIUMB – Muscoloscheletrica