Il dolore, in particolare quello di origine muscoloscheletrica, è un sentimento di plurima eziologia. Infatti può nascere da patologie di natura infiammatoria (es tendinite, artriti etc), degenerativa (tendinosi, artrosi etc), da uno stato contrattivo muscolare focale o generalizzato (fibromialgia etc), da una malattia del sistema nervoso sia meccanica (discopatia del rachide etc) sia degenerativa (diabete mellito etc).
Tali differenti affezioni possono coesistere rendendo molto difficile affrontare il problema, soprattutto quando il paziente non riesce a decifrarne le caratteristiche semeiotiche. Per questo il ricorso ad uno specialista è importante nel definire la genesi e nel prescrivere una terapia, quanto mai precoce e specifica, secondo le linee guida.
La ricerca clinica e l’espansione universale del sapere propinano di continuo approcci variegati nell’ambito della sfera dolore, ciò ha portato alla nascita di molteplici figure mediche e paramediche, che tentano di occuparsene, spesso caoticamente ed in conflitto tra loro.
Purtroppo accade, qualora non abbia trovato alcun beneficio, che il paziente venga a conoscenza tardivamente dell’esistenza della figura del Reumatologo.
Il Reumatologo: questo sconosciuto.
Questa branca ha espanso il suo campo di applicazione in maniera direttamente proporziale alla ricerca scientifica di laboratorio, esperimendosi come quel ramo della medicina interna capace di riconoscere affezioni di natura infiammatoria ed autoimmune dei tessuti connettivi, in primo luogo dell’apparato muscoloscheletrico.
Essendo il suo campo di applicazione molto vasto, è capace di includere il più comune dolore articolare da processi artrosici alle più complicate manifestazioni sistemiche autoimmuni delle connettiviti e vasculiti.
Emerge quindi il duplice problema del mondo reumatologico, da un lato la necessaria prepazione multidisciplinare internistica, che tale materia necessita, dall’altro la problematica coesistenza di un eterogeneo mondo di operatori sanitari, ognuno rivolto nel proprio piccolo a sezionare il paziente per le rispettive competenze.
Quando occorre la visita Reumatologica?
Il pensiero della comunità scientifica ed il mio personale è che lo specialista Reumatologo, nell’ambito di un corretto approccio multidisciplinare, sia garante di un progetto diagnostico-terapeutico capace di collegare il sintomo dolore riferito dal paziente alle sue comorbilità internistiche (cardiovascolari, dismetaboliche), distrettuali disabilitanti (ortopedico, fisiatra), periferiche di senso (dermatologo, neurologo, oculista, otorino).
L’ambulatorio di Reumatologia, grazie alla necessaria competenza dei suoi operatori, si pone così’ come un porto di attracco per tutte le affezioni muscoloscheletriche, che abbiano una genesi flogistico-internistica da definire.
Il Reumatologo deve pertanto essere considerato come lo specialista di riferimento in quelle note condizioni di flogosi primitiva e riscontro di tests autoimmuni positivi, ma anche nelle diffusissime condizioni di comorbilità, in primis dismetaboliche, da cui conseguono processi flogistici osteoarticolari.
Nasce così l’obiettivo di individuare i pazienti affetti da processi flogistici precocemente (artriti, connettiviti, vasculiti).
D’altra parte è necessario considerare di esclusiva competenza ortopedica e fisiatrica, quel dolore muscoloscheletrico cronico che nasce da evidenti quadri congeniti, traumatici, degenerativo-artrosici, e necessita di analgesia palliativa (es infiltrazioni, cicli FSK).
Infine l’ausilio delle rispettabili figure sanitarie di natura olistica (osteopatia, agopuntura, posturologia, omeopatia etc) possono esser parte integrante di un progetto antalgico, che abbia come direttiva un esperto medico di patologia muscoloscheletrica.
La necessità di una diagnosi precoce
In fase d’esordio è spesso davvero difficile riconoscere una vera artropatia infiammatoria cronica, evolutiva, disabilitante. Prenderemo in particolare come esempio l’artrite reumatoide (AR) una della più comuni e gravi affezioni reumatologiche al mondo capace di colpire soggetti di ogni età , sesso ed etnia.
Il primo problema è definire se sia realmente una sintomatologia flogistica articolare. Spesso i primi indizi sono soltanto clinici, quali la presenza di gonfiore alle articolazioni, soprattutto se bilaterale e localizzate alle mani o ai piedi, la presenza di una sensazione di rigidità al risveglio (maggiore di 30 minuti) e la necessità quotidiana di utilizzare antinfiammatori.
Una volta stabilito che si tratti di una patologia infiammatoria, bisogna capire se sia una forma persistente oppure autolimitante. La persistenza dei segni clinici e/o la risposta ai criteri classificativi internazionali (ACR), il coinvolgimento di mani-polsi, sono alcuni dei fattori predittivi di un processo flogostico ad evoluzione cronica.
Recentemente sempre più spesso, si parla di artrite precoce (“very early arthritis”) entro le prime 12 settimane di esordio. Dunque i primi mesi di malattia rappresentato la cosiddetta “finestra di opportunità” per il paziente, determinante per modificare la naturale evoluzione in cronicità e danno di un’artrite precoce.
Il primo ostacolo alla realizzazione di questo proposito deriva dal giusto riconoscimento dei segni infiammatori, distinguendo cioè la vera Artrite Reumatoide Precoce da altre forme cliniche specifiche (es. connettiviti, spondiloartriti etc) oppure indifferenziate.
Appare dunque fondamentale studiare i fattori predittivi, che permettano di identificare i soggetti a rischio di sviluppare forme croniche.
Il punto fondamentale che spetta al medico pratico è quello di cercare, riconoscere e gestire i segni infiammatori di un’ artropatia con un corretto approccio:
1°) Esame obiettivo.
2°) Esami laboratoristici (test di I livello): emocromo, indici di flogosi, funzionalità renale ed epatica, Fattore reumatoide anti-CCP ed ANA test.
3°) Inviare il paziente a consulenza reumatologica entro le prime 12 settimane dall’esordio, al fine di continuare un iter diagnostico che consenta di: escludere forme specifiche e/o sistemiche (es. connettiviti, spondiloartriti etc); stadiare il rischio di cronicità e danno erosivo; iniziare un’adeguata terapia.
I principali fattori di evoluzione di un’artrite precoce conosciuti sono: il sesso femminile, il fumo, la durata dei sintomi (maggiore di 12 settimane), il numero di articolazioni dolenti e tumefatte, il coinvolgimento delle mani, gli indici di flogosi (VES, PCR), la positività sierologica, il riscontro dei criteri classificativi internazionali, la presenza di segni radiologici caratteristici.
L’utilità dell’Ecografia Muscoloscheletrica
Voglio sottolineare quanto sia importante e necessario che il Reumatologo abbia specifiche competenze diagnostiche, sapendo interpretare i basilari segni di semeiotica radiologica (Rx), ma soprattutto sapendo eseguire in prima persona Esami Ecografici Muscoloscheletrici, al fine di diagnosticare ma soprattutto stadiare l’attività di malattia.
E’ raccomandato dalle linee guida internazionali che il paziente venga sottoposto a controlli semestrali/annuali di radiografia ed ecografia delle principali articolazioni colpite da artrite.
Il particolare l’ecografia si pone come metodica di veloce esecuzione, basso costo ed altamente sensibile nella valutazione delle patologie di articolazioni, tendini, legamenti, muscoli, nervi, nonchè capace attraverso particolari tecniche, quale il power doppler, di misurare l’entità della flogosi.
In tal modo lo specialista può perfezionare la terapia per le singole necessità del paziente reumatico.
Dr Domenico Malesci
Specialista in Reumatologia,
Dottore di Ricerca in Immunologia Clinica
Ecografia specialistica SIUMB – Muscoloscheletrica
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